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L’internata di guerra Maria Montessori e quel segreto sul suo giovane assistente
Il fuggitivo

L’internata di guerra Maria Montessori e quel segreto sul suo giovane assistente

Capitolo che non è stato pubblicato su "Il fuggitivo" nell'appendice dedicata ai civili prigionieri di guerra in India tra il 1940 e il 1945.

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Carlo Pizzati
Jul 18, 2025
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L’internata di guerra Maria Montessori e quel segreto sul suo giovane assistente
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(questo è uno dei quattro racconti-ritratti apparsi in una prima stesura del mio saggio “Il fuggitivo.” Se ne potrebbe scrivere un libro a parte. Ma intanto ve li propongo qui.)

Ogni mattina un risciò trainato da un portatore trasportava Maria Montessori dal suo appartamento a Leadbeater Chambers, nei boschi metropolitani della Società Teosofica di Madras sulle rive del fiume Adyar, fino all’Olcott bungalow, poco lontano, dove teneva le sue lezioni. Era il 1939. Montessori era arrivata da Amsterdam, dopo aver lasciato l’Italia, ripudiato il fascismo e rotto con Mussolini. Era accompagnata dal segretario, Mario, che in alcune occasioni presentava come il nipote. Era un quarantunenne robusto che poteva passare per il nipote grazie a una vaga somiglianza con la dottoressa Montessori, che in quell’anno aveva già compiuto 69 anni.

La pedagoga era arrivata in India su invito di una coppia alla guida della Società teosofica: George Arundale e la moglie, Rukmini Devi, danzatrice di Bharatanatyam e militante per i diritti animali che in seguito divenne la prima parlamentare donna in India. Anche Mahatma Gandhi conosceva il metodo Montessori e il premio Nobel per la letteratura Rabindranath Tagore nel 1929 aveva fondato già alcune scuole “Tagore-Montessori.”

Il quartiere di Adyar e i graziosi viottoli della Società teosofica, con templi e chiese di ogni denominazione che sorgono tra sacri baniani e baobab, divennero l’incantevole dimora indiana della pedagoga e del segretario/nipote. Ma i venti della Storia mandarono a soqquadro l’idillio. Mussolini dichiarò guerra al Regno Unito. E poiché l’India era ancora parte dell’Impero britannico i cittadini di una nazione belligerante come l’Italia non potevano più circolare liberamente. I due italiani vennero immediatamente internati.

Per rispetto della fama internazionale, del prestigio accademico ed anche della vetusta età, il Viceré consentì a Montessori gli arresti domiciliari presso la Società teosofica. L’inarrestabile dottoressa pianificò subito altri 16 corsi per insegnare il metodo. I suoi progetti furono però rovinati dal fatto che invece Mario, in quanto maschio, più giovane, e, appunto, italiano, fu internato nel campo di Pallavaram, a sud di Madras, con altri prigionieri militari e civili.

Montessori era disperata per due motivi. Il primo, evidente a tutti, ma in realtà meno importante, è che lei non parlava bene l’inglese. Senza le traduzioni simultanee di Mario, non poteva a insegnare. Provò a gesti, ma non era quello il modo. Ciò la spinse ad approfondire alcune considerazioni, poi pubblicate nel suo ultimo saggio, sulla capacità di apprendimento di nuove lingue nei più giovani, dall’infanzia all’adolescenza, in confronto alla refrattarietà del cervello più maturo nell’assorbire un nuovo linguaggio.

Ma il secondo, intimo e più importante motivo della disperazione per la detenzione di Mario a Pallavaram era più viscerale. Per dare più peso alla richiesta di scarcerazione del segretario/nipote, Montessori fu costretta a rivelare un segreto che teneva con sé da una vita. Quel nipote, quel

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