Quando mi sono trasferito a Chennai, in India, quasi 15 anni fa, ho osservato una signora scendere da un autobus e rischiare di rompersi il collo mentre correva tra le bancarelle di fiori di gelsomino e cocco che costeggiavano MG Road. Riuscì a non fratturarsi un gomito precipitando sull'asfalto e invece si allontanò con un ampio e lungo sorriso.
Ricordo d’essere rimasto sbalordito da quel gesto. Se avessi assistito alla stessa scena a Zurigo o a Milano, credo che una signora svizzera o italiana avrebbe imprecato o almeno fatto una smorfia di paura per essersi quasi fatta ammazzare. In quell’istante, ho iniziato a comprendere una differenza fondamentale tra il sorriso occidentale e quello indiano che non viene necessariamente usato solo per esprimere gioia e non rientra neppure nella categoria di quello che viene definito come il "Pan-American smile" che avevo imparato a adottare durante gli 11 anni della mia giovinezza negli Stati Uniti.
Mentre mi adattavo alla cultura indiana, mi ci volle un po' per decodificare la differenza tra la reazione di una giovane cuoca tamil nella casa in cui vivevo, che rispondeva sempre al mio ampio sorriso con i denti in vista, credendo, io, che rappresentasse un segno universale di apertura, rispetto alla reazione più scontrosa della donna delle pulizie più anziana che trascinava su e giù per le scale scope e secchi, impermeabile ai miei tentativi quotidiani di estrarre da lei un'espressione di cordialità.
La giovane cuoca che rispondeva con il sorriso con i denti in vista, compresi poi, era chiaramente stata esposta alle influenze della contemporanea occidentalizzazione della cultura globale, mentre la donna più anziana e seriosa ne era stata sufficientemente schermata. Inoltre, probabilmente aveva vissuto abbastanza a lungo da accumulare sufficienti problemi e quindi avere meno motivi per ridere.
Tutto ciò mi portò ad analizzare il possibile malinteso interculturale nascosto dietro il mio stesso sorriso. E il lato controverso del "Pan-American smile" e della sua internazionalizzazione.
In sostanza, il "Pan-American smile" è quel sorriso forzato e cortese di certe assistenti di volo: occhi inespressivi, zigomi sollevati per arcuare gli angoli della bocca. Lo si potrebbe chiamare il sorriso del venditore di auto usate o il sorriso di Berlusconi o dell'alligatore. Viene usato indiscriminatamente per amici e sconosciuti. E, come suggerisce il nome, proviene dall'America.
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