Tra le proteste in Georgia, terra di arte e politica
Reportage da una terra liminale tra Asia ed Europa, tra Russia e Medioriente, tra presente e passato, che inizia con una spettacolo di marionette e finisce tra gas lacrimogeni e vapori sulfurei
(Con questo reportage si inaugura la newsletter Diario di GlobalSpin.)
Lo spettacolo di marionette, allestito in un piccolo teatro all'interno di una torre mezza storta nel cuore dell'antica Tbilisi mi ha toccato l'anima in modi che sto ancora cercando di capire. La storia, un incrocio tra "La Dama delle Camelie" di Alexandre Dumas e "La Traviata" di Verdi, ha risvegliato qualcosa di profondo in me, nonostante la mia abituale diffidenza verso il teatro delle marionette.
Condizionato dall'eccessiva esposizione al "Muppet Show" e all’Opera dei pupi siciliani trasmessi dalla Rai negli anni Settanta e Ottanta, i burattini, con quello sguardo fisso e glaciale, mi hanno sempre suscitato una sensazione di straniamento al limite del ribrezzo. Eppure, appena atterrato in Georgia, la prima cosa che ho fatto è stato di recarmi subito al Teatro Gabriadze, grazie all'intervento della premurosa concierge dell’albergo dal nome suggestivo, l'Unfound Door (La Porta Non Trovata), la quale è riuscita a procurare quasi per miracolo due biglietti all'ultimo momento per me e mia moglie.
In ritardo, ci siamo affrettati nel traffico di Tbilisi, intabarrati in sciarpe e cappelli di lana per affrontare il vento tagliente di fine novembre. "È uno spettacolo assolutamente da non perdere," ci aveva assicurato un conoscente. Ci siamo accomodati nel buio quasi totale, sotto una balaustra in fondo al caratteristico teatro in legno. Durante l'ora successiva, immersi in "Alfred e Violeta", siamo stati trasportati nelle vicende tumultuose di una storia d'amore sbocciata in un quartiere popolare di Tbilisi cinquant'anni fa, dove un giovane d’estrazione borghese s'innamora di un'affascinante ragazza che un destino crudele ha costretto alla prostituzione.
La narrazione conduce gli spettatori fino a Milano, Roma, Venezia, e tre città della Georgia. Sbucano una locomotiva e un uccello parlanti, insieme ad altri elementi di realismo magico. In una scena particolarmente toccante, quando Alfred, lontano, languisce per Violeta, lo vediamo sospirare mentre le sue scarpe camminano da sole dietro le scarpette rosse col tacco dell’amata—una delle più efficaci rappresentazioni teatrali che abbia mai visto della nostalgia per una persona cara. È un racconto che intreccia guerra e oppressione, amore, odio e la lotta per la sopravvivenza, mentre la Storia prosegue inesorabile il suo ciclo.
Il nuovo adattamento si svolge negli anni Novanta, con le truppe russe che premono dal Nord, seminando distruzione e scatenando nuovamente il caos in questo piccolo paese di 3,7 milioni di abitanti. La rappresentazione trasmette con straordinaria intensità il peso che grava sulla Georgia per la presenza di un vicino così possente e prevaricatore a nord.
Siamo usciti dal teatro estasiati dall'esperienza artistica pregna di impressionante libertà creativa dall'autore Rezo Gabriadze, cresciuto accumulando riconoscimenti e onorificenze dall'Unione Sovietica, ma che, una volta tornato da Mosca, ha deciso di narrare la storia del suo popolo.
Dopo una squisita cena da Otsy's, situato proprio di fronte al teatro, ci siamo incamminati verso l'albergo, in quella sera del 28 novembre. Risalendo lentamente la sponda destra del fiume Mtkvari, attraversando Piazza della Libertà e il Viale Shota Rustaveli, abbiamo notato un crescente fermento per le strade. Un fiume di manifestanti, avvolti nella bandiera nazionale georgiana bianca con la croce rossa, riempiva il viale principale, mentre altri si annodavano al collo la bandiera dell'Unione Europea blu stellata, come mantelli da supereroi.
Convergevano tutti verso il Parlamento georgiano, in un'atmosfera carica di aspettativa, di forze in movimento verso un qualcosa tra l’eccitato e il minaccioso. Non sapevamo ancora che stava nascnedo, quella sera, una considerevole tempesta politica destinata a protrarsi per settimane di proteste e manifestazioni.
La coincidenza temporale è stata sorprendente: eravamo appena usciti da uno spettacolo di marionette sulla resistenza georgiana alle pressioni russe per ritrovarci nella realtà delle strade di Tbilisi, gremite di giovani manifestanti che protestavano contro l'interferenza di Mosca nelle loro elezioni.
In gioco c'era e c’è il futuro della Georgia come autentico crocevia tra Europa, Asia occidentale e Medio Oriente—una nazione strategicamente posizionata tra il Mar Nero, l'Armenia, l'Azerbaigian e le montagne del Caucaso. Al di là di quelle montagne si estende l'inquietante presenza russa che è divenuta, comprensibilmente, un'ossessione politica e culturale in questo paese.
Mentre la folla s’infittiva, abbiamo notato gruppi di uomini molto robusti che celavano i volti dietro passamontagna neri e sotto cappellini da baseball anch’essi neri—le famigerati forze speciali. Secondo la Presidente della Georgia, Salome Zourabichvili, appartenente all'opposizione, queste forze sarebbero in realtà infiltrate da agenti russi, alcuni sotto l'effetto di metanfetamine.
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